domenica 19 luglio 2009

Prima e dopo Edward Said: libro contro libro

Rober Irwin, Lumi dall'Oriente: l'orientalismo e i suoi nemici, Donzelli: Roma, 2008.

Il libro di Irwin ha diversi difetti gravi. Il primo è che non definisce il suo campo d'indagine, cioè non dice che cos'è l'orientalismo. Come dobbiamo porci di fronte a un termine che presuppone una sorta di "tensione verso oriente"? Di quale "oriente" parliamo e perché? In che senso dobbiamo prendere il suffisso "-ismo"? Soprattutto: in base a cosa dobbiamo/possiamo definire uno studioso "orientalista"? Da ciò che scrive Irwin, ad esempio, desumiamo che l'orientalista non si può definire tale se non conosce almeno una lingua "orientale". Ma non sappiamo "come" e "perché" queste lingue debbano essere conosciute: Irwin infatti non prende posizione, o meglio non illustra la questione in nessun modo, limitandosi a rilevare che molti orientalisti - specie i primi - non sapevano parlare nelle lingue che pure conoscevano sui libri - come Sylvestre de Sacy, considerato da lui il primo vero orientalista in senso contemporaneo - e che altri, a un certo punto, trovarono questo approccio fallace.

Molte altre domande rimangono sullo sfondo e ricevono risposte differite e/o ambigue. Non è chiaro, ad esempio, se e quando l'indagine di Irwin sia solo di tipo storico - l'orientalismo non è altro che ciò che storicamente può definirsi come tale -, sia guidata da una teoria della disciplina - ad esempio "l'orientalismo è lo studio di ciò che sta a oriente dell'Europa" -, o se sia la disciplina formata da coloro che si sono autodefiniti "orientalisti". E questa ambiguità non fa che rendere la trattazione nebulosa, al punto che diverse volte ci si pone il problema se non si stia leggendo un elenco di bio-bibliografie del tutto arbitrario. Una sensazione che si rafforza nel lettore italiano che, come il sottoscritto, abbia studiato l'Islam insieme ai "figli" di un solidissimo quanto criticabile orientalismo italiano che nel libro di Irwin risulta pressoché inesistente. Due soli "esotici" accenni vi sono contenuti: un breve paragrafo sul "conte italiano" Leone Caetani, e un riferimento al fatto che un importante orientalista russo ritenesse importantissimo leggere in italiano per affrontare gli studi sull'oriente. Un po' poco, e ben poco lusinghiero: chi ci venisse a dire che l'italiano è una lingua marginale per lo studio dell'oriente dovrebbe chiedersi del perché l'inglese non lo è, rafforzando in questo modo le teorie di Orientalismo. Inoltre, basta un fugace sguardo alle biblioteche universitarie di Napoli e Roma, o al Fondo Orientale dell'Accademia de' Lincei per capire quanto anche Irwin sia caduto nell'astuta trappola che Said, con tutti i suoi limiti, ha teso a personaggi come lui. Eppure sarebbe stato interessante conoscere le opinioni di Irwin sul fatto che un bel giorno del 1954 un tal Giorgio Levi della Vida decise di chiamare "Islamistica" quella che era sempre stata "Storia e istituzioni musulmane".

Che di una seria critica Orientalismo avesse bisogno non c'è alcun dubbio. Tuttavia un libro come "Lumi dall'Oriente", così ricolmo di concetti devoluti e di "ignavie" non fa che rendere più forte la sensazione che Orientalismo rimanga tutto sommato un libro che vale ancora la pena di leggere. Infatti, nonostante la rilevazione lecita, dovuta e ineccepibile delle falsità contenutevi, nonostante il giudizio non positivo che si può dare sulle incoerenze dell'autore, l'opera di Said contiene una teoria che Irwin riesce, col suo acritico elenco di orientalisti, addirittura a rafforzare. Malgrado Said stesso, cioé malgrado il fatto che Orientalismo sia in molti punti approssimato, sbagliato e addirittura calunnioso nei confronti di alcuni studiosi, nonostante il fatto che il letterato della Columbia non fosse un "palestinese vero" né conoscesse l'arabo al livello di un "bravo orientalista". Insomma, sembra quasi che Irwin si senta attaccato e voglia reagire abbaiando alla luna. Invece di affrontare la problematica - cioé l'esistenza di una componente imperialista e colonialista nell'approccio occidentale all'oriente - Irwin ci invita a disprezzare il "personaggio Said" e a trattarlo come un ciarlatano.

Resta la domanda: chi è l'orientalista? Uno specialista di lingue orientali più o meno vive, più o meno letterarie e/o parlate? Non può essere così, o perlomeno non può essere "solo" così: se qualcosa insegna Said - rigettati i suoi errori e le sue presunzioni - è che l'orientalismo, più di altre discipline, è un campo di studi per antonomasia "di parte". E con questo non vogliamo dire - come forse affermava Said - che scrivere orientalismo o di orientalismo implica sempre una presa di posizione colonialista e/o imperialista sul mondo, ma che questa disciplina - escluso forse il suo versante filologico ed enciclopedico-compilativo - non può non essere pensata come neutra.

Tutto questo Irwin, evidentemente, non l'ha imparato. O non l'immagina
Lorenzo Declich
10/07/2008

http://www.islamistica.com/lorenzo_declich/irwin.html

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