giovedì 4 febbraio 2010

Gramsci ed Edward Said

Scritto da Redazione

tratto dal numero 9 di Diogene

Conosciamo davvero l’Oriente, oppure l’immagine che ne abbiamo è distorta dalle lenti dell’imperialismo culturale? È ciò che si chiede, partendo dalle riflessioni di Gramsci sull’egemonia, il critico letterario Edward Said (1935-2003) nel celebre saggio che ha rivoluzionato gli studi storici e politici sull’Oriente: Orientalismo. L’immagine europea dell’Oriente.
Said è diventato un intellettuale famoso e conosciuto a livello internazionale, uno dei pochi esempi della nuova figura dell’intellettuale globale, e questo grazie alla lucidità con cui ha svelato i meccanismi retorici attraverso i quali l’Occidente si rappresenta un Oriente barbaro e schiavo dell’arretratezza al fine di meglio giustificare la sua supposta superiorità e la legittimità delle politiche neocoloniali. Temi a cui ha dedicato, oltre ad Orientalismo, anche Cultura e Imperialismo e che affronta anche in chiave autobiografica in Sempre nel posto sbagliato, raccontando la sua vita di palestinese nato in un Protettorato britannico, educato alla cultura occidentale ed infine emigrato negli Stati Uniti. La critica di Said non si è fermata al livello del discorso storico-letterario, ma si è riversata in un appassionato impegno politico a sostegno dei palestinesi e a favore della pace fra Israele e Palestina grazie alla costituzione di due Stati indipendenti, di cui parla in Tra guerra e pace: ritorno in Palestina-Israele.
Quale deve essere allora il ruolo dell’intellettuale nel mondo globale? Said ha chiaramente una visione impegnata dell’intellettuale secondo cui, gramscianamente, la critica culturale diviene anche critica politica, come spiega in Dire la verità: gli intellettuali e il potere. E, da grande critico letterario, rivendica nelle ultime conferenze da lui tenute, raccolte postume in Umanesimo e critica democratica, la centralità dell’educazione umanistica nella formazione della coscienza critica e della sensibilità politica. Non però l’umanesimo dell’ingessato ed elitario canone, ma un umanesimo aperto sia alle storie di ibridazioni e scambi culturali che stanno all’origine di ogni tradizione “nazionale”, sia all’immaginazione di un futuro multiculturale al di là delle costrizioni dell’egemonia.

Due brani da Orientalismo. L’immagine europea dell’Oriente, di E. W. Said (Feltrinelli, 2002).

La dimensione personale
Nei Quaderni del carcere Gramsci afferma: “L’inizio dell’elaborazione critica è la coscienza di quello che è realmente, cioè un conosci te stesso come prodotto del processo storico finora svoltosi che ha lasciato in te stesso un’infinità di tracce accolte senza beneficio d’inventario”.
Inspiegabilmente, l’unica traduzione in inglese dell’opera si ferma qui, laddove il testo italiano di Gramsci conclude aggiungendo: “Occorre fare inizialmente un tale inventario”. Gran parte del mio coinvolgimento personale nello scrivere Orientalismo deriva dalla consapevolezza di essere un “orientale”, in quanto nato e cresciuto in due colonie britanniche del Vicino Oriente. I miei studi, dapprima in queste colonie (Palestina ed Egitto), poi negli Stati Uniti, sono stati occidentali in tutto e per tutto, eppure tale precoce e radicata consapevolezza è persistita. Da molti punti di vista, questa ricerca sull’orientalismo rappresenta uno sforzo per redigere l’inventario delle tracce depositate in me, orientale, dalla cultura il cui predominio è stato un elemento così importante nella vita di tanti orientali. Per questo l’Oriente islamico non poteva non essere al centro della mia attenzione.
Se ciò che ho realizzato sia un buon esempio dell’inventario che Gramsci ci suggerisce di compilare, non sta a me dirlo, benché consideri importante aver avuto la consapevolezza di essermi proposto tale obiettivo. Lungo il cammino, con la severità e la lucidità di cui sono stato capace, ho tentato di serbare una coscienza critica, e di impiegare nel modo migliore quegli strumenti di indagine storica, umanistica e culturale di cui l’educazione mi ha reso un privilegiato possessore. Mai tuttavia ho perso il contatto con la realtà culturale e il coinvolgimento personale derivanti dal mio essere un “orientale”, nel senso che si è detto.


L’idea di egemonia
Gramsci ha proposto una preziosa distinzione teorica tra società civile e politica, la prima essendo costituita da associazioni spontanee, razionali e non coercitive come la famiglia, il sistema scolastico e i sindacati, la seconda da istituzioni i cui membri sono legati in modo non spontaneo e la cui funzione è connessa conforme di dominio entro la società (esercito, polizia, magistratura, ecc.).
La cultura opererebbe nell’ambito della società civile, e l’influenza di idee, istituzioni e singole persone dipenderebbe non dal dominio, ma da ciò che Gramsci chiama “consenso”. Allora, in ogni società non totalitaria, alcune forme culturali saranno preponderanti rispetto ad altre, alcune concezioni saranno più seguite, si realizzerà cioè lo spontaneo prevalere di determinati sistemi di idee che Gramsci chiama “egemonia”, concetto di fondamentale importanza per comprendere la vita culturale dell’Occidente industriale.
È proprio l’egemonia, o più precisamente il risultato dell’egemonia culturale, a dare all’orientalismo la durata e la forza su cui abbiamo or ora richiamato l’attenzione.
L’orientalismo non è lontano da ciò che Denys Hay ha chiamato “idea dell’Europa”, cioè la nozione collettiva tramite cui si identifica un “noi” europei in contrapposizione agli “altri” non europei; e in fondo si può dire che la principale componente della cultura europea è proprio ciò che ha reso egemone tale cultura sia nel proprio continente sia negli altri: l’idea dell’identità europea radicata in una superiorità rispetto agli altri popoli e alle altre culture.
A ciò si aggiunge l’egemonia delle idee europee sull’Oriente, ove è ribadita la superiorità europea sull’immobile tradizionalismo orientale, egemonia che ha per lo più impedito l’elaborazione e la diffusione di altre opinioni in proposito.

http://www.diogenemagazine.eu/home/index.php?option=com_content&view=article&id=121:gramsci-ed-edward-said&catid=10:cittadinanza&Itemid=105

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