sabato 29 gennaio 2011

Dalla diaspora, voci in contrappunto

Titolo Dalla diaspora, voci in contrappunto. Hannah Arendt ed Edward W. Said nel conflitto sionista-palestinese
Autore Parise Eugenia
Prezzo
Sconto 10% € 13,50
(Prezzo di copertina € 15,00 Risparmio € 1,50)
Prezzi in altre valute

Dati 2010, 151 p., brossura
Editore Ombre Corte (collana Culture)

http://www.ibs.it/code/9788895366784/parise-eugenia/dalla-diaspora-voci.html

sabato 8 maggio 2010

Paola Caridi: su Edward Said

I post di Paola Caridi nei quali ha citato o ha fatto riferimento a Edward Said:

L’etnografico Goodall
January 21st, 2010
http://invisiblearabs.com/?p=1488

Orientalism reloaded
September 23rd, 2009
http://invisiblearabs.com/?p=1258

Orientalismo per infanti

September 3rd, 2009
http://invisiblearabs.com/?p=1214

Orientalismo reloaded
June 12th, 2009
http://invisiblearabs.com/?p=1056

Stereotipi, bugie e videotape

December 9th, 2008
http://invisiblearabs.com/?p=644

L’occidentalismo di Jocelyn
December 2nd, 2008
http://invisiblearabs.com/?p=634

Doppi standard. Parola di Georges Corm

April 10th, 2008
http://invisiblearabs.com/?p=229

domenica 25 aprile 2010

Appunti Sullo stile tardo fra Said, Adorno e altri

di Marco Gatto


Musica, estetica, critica letteraria
nel saggio postumo dell'autore
di Orientalismo. Un j'accuse
contro gli intellettuali odierni?


Intorno al 1934, Theodor W. Adorno stava progettando un libro sull’esperienza musicale ed estetica di Beethoven. Negli appunti per la stesura, l’oggetto di analisi andava sempre più delineandosi come una riflessione sulla natura delle opere artistiche della vecchiaia. In esse – e dunque negli ultimi quartetti del compositore, nelle ultime sonate per pianoforte o nella magnifica Missa solemnis – Adorno leggeva il loro carattere corrugato, dilaniato, frastagliato e disarmonico. Vi leggeva anche una rivolta senile alla tradizione e all’imposizione dei canoni, alla norma assunta come crisma di un’affiliazione alla grande cultura riconosciuta: insomma, le opere tarde, per il filosofo, consegnano al lettore o all’ascoltatore una ribellione soggettiva nei confronti delle convenzioni, che le rende, per questo motivo, aggressive e inconciliate, contrastive e antiretoriche.

A raccogliere il suggerimento di Adorno, proprio negli ultimi mesi della sua vita, è stato un suo indiretto allievo (come amava definirsi), l’intellettuale arabo-americano Edward W. Said, scomparso nel 2003, noto al grande pubblico per il suo impegno a favore della causa palestinese. Said oggi è largamente studiato e tradotto in Italia, e ciò non può che rallegrarci. Il suo nome è legato agli studi postcoloniali, ma inizia a diffondersi anche in ambito filosofico. Professore alla Columbia University, intellettuale dichiaratamente “outsider”, vittima di un esilio che da condizione politica si fa risposta culturale, Said è stato soprattutto uno straordinario critico e teorico della letteratura, nonché un attento interprete della condizione musicale dell’Occidente. Non è un caso, pertanto, se le riflessioni contenute nel postumo Sullo stile tardo (Il Saggiatore, pp. 166, € 19,00) – importante tassello per la conoscenza dell’autore nel nostro Paese, di cui si attende ancora la traduzione di due fondamentali contributi come The World, the Text, and the Critic e Musical Elaborations – siano indirizzate in via prioritaria alla musica e alla letteratura.

Quel che interessa particolarmente all’autore di Orientalismo è la condizione di «esilio autoimposto» e volontario che diviene centrale nelle opere della maturità: grazie a questo salto dialettico che coinvolge la produzione artistica e la condizione corporea, la soggettività creatrice sembra illuminare il carattere storico della sua rivolta e inaugura una forma condivisa di autocoscienza. Il libro è allora una messa in evidenza di questa peculiarità in autori come Jean Genet, Thomas Mann. Giuseppe Tomasi di Lampedusa, in musicisti come Richard Strauss o Richard Wagner, in registi come Luchino Visconti. Ed è forse il saggio su Glenn Gould, l’ormai leggendario pianista canadese entrato nell’alveo dei grandi interpreti del secolo scorso, e purtroppo oggetto di un odierno feticismo che ne trascura la portata politica, a rappresentare potenzialmente il messaggio dell’intero libro. In Gould, Said pare scorgere un’allegoria stringente della possibilità soggettiva di fondare, attraverso la propria protesta, una proposta di critica alla realtà condivisa, che cerca il rapporto con l’Altro come fondamento di una vita democratica e civile. La presunta lontananza dell’intellettuale dal mondo è in realtà un modo per ritrovare un legame più diretto con la contingenza.

Non può non stupire la constatazione che va delineandosi pagina dopo pagina: il fatto che lo stesso Said sia in realtà un prodotto della sua “tardività” rispetto al mondo. In fondo, quanto possiamo sentirci eredi noi, in un tempo così profondamente segnato dal nichilismo e dall’individualismo, di un intellettuale che ha speso tutta la sua esistenza in una forma di impegno militante e di demistificazione pubblica del potere? Da questa prospettiva, dunque, Sullo stile tardo è forse un atto di accusa contro gli intellettuali di oggi, poco restii ad assumere la criticità come fondamento della loro pratica culturale, e dunque conniventi, responsabili, coinvolti, subordinati al potere. Leggere Said è un primo antidoto a quell’assenza di alternative e a quella sterilità di pensiero che ha contraddistinto l’ilare nichilismo dei postmoderni. E ciò pare non poco significativo se diamo uno sguardo alla situazione politica e culturale del nostro Paese.

Marco Gatto

(www.excursus.org, anno I, n. 4, novembre 2009)

http://www.excursus.org/poesia/GattoSaid.htm

giovedì 22 aprile 2010

New York e il Mistero di Napoli: Viaggio nel Mondo di Gramsci.

New York and the Mystery of Naples: A Journey through Gramsci’s World.
Italian title: New York e il Mistero di Napoli: Viaggio nel Mondo di Gramsci.
Producer: Giorgio Baratta
Distributor: Le Rose e i Quaderni, 1994.
Description:
The presentation of this documentary film provides English translations and subtitles. The film includes a presentation by Dario Fo and interviews with Giuseppe Fiori, Cornel West, Edward Said, and many others.

http://www.internationalgramscisociety.org/audio-video/index.html

http://www.internationalgramscisociety.org/audio-video/gramsci.ram

lunedì 12 aprile 2010

Intervento di Said a Mantova. 2001.

Said al Festival della Letteratura di Mantova.

http://www.rainews24.it/ran24/rubriche/incontri/autori/said.asp

venerdì 19 marzo 2010

La grande rimozione

Edward W. Said: letteratura e imperialismo

Tariq Ali

Edward Said è uno dei più importanti critici letterari del mondo di lingua inglese. Ha scritto molte opere e saggi di letteratura e il suo lavoro ha suscitato vivaci dibattiti sulla cultura, l'identità, la funzione della critica e la formazione della tradizione. Il suo capolavoro, Orientalismo, ha sancito in tutto il mondo la sua fama di critico nell'età dell'imperialismo.
Cultura e imperialismo (con sottotitolo Letteratura e consenso nel progetto coloniale dell'Occidente, Gamberetti, pagg. 420, lire 49.000) estende ulteriormente il raggio d'azione della sua critica. Si tratta di un'opera, in un certo senso, più sicura di sé e allo stesso tempo più rilassata di Orientalismo. Said scrive con grande sicurezza di letteratura inglese, dell'opera lirica italiana, della pax americana e delle tragedie che si sono rovesciate sul mondo post-coloniale. Una fiera polemica politica si accompagna, tranquillamente, con uno studio dettagliato e appassionato di argomenti d'estetica. Alle volte il libro può essere letto come il fluttuare di una presa di coscienza. Qua e là vi sono delle tensioni irrisolte, che riflettono le contraddizioni dello stesso Said nel momento in cui si trova a mediare tra il suo ruolo di critico e la sua funzione di intellettuale pubblico, di dissidente della democrazia. In generale Said riesce bene a gestire il tutto. Il suo messaggio è diretto. Nonostante i tentativi dei critici e dei teorici inglesi di creare una sfera culturale totalmente separata e isolata, non c'è - sostiene Said - alcuna muraglia cinese a dividere l'estetica dalla politica.
Uno dei capitoli che preferisco è quello intitolato "L'Impero al lavoro: l'Aida di Verdi". Un lavoro di decostruzione di quella famosa opera di Verdi. Un capolavoro non molto convincente che fu commissionato al maestro dal governo egiziano, nel 1869, per celebrare l'apertura del Canale di Suez. Egli descrive un primo sdegnato rifiuto dell'autore di scrivere su commissione, il suo successivo cambiamento d'opinione grazie ad una grande somma di denaro (150.000 franchi d'oro) e quindi l'opera stessa. L'Aida venne scritta per un pubblico egiziano che Verdi non conosceva e del quale non gli importava nulla e per Said si tratta di un "lavoro ibrido, profondamente impuro, che appartiene egualmente alla storia della cultura e a quella della dominazione d'oltremare. È un lavoro complesso, costruito attorno a disparità e a discrepanze che sono state ignorate o non approfondite, e che possono essere rilevate e descritte: si tratta di disparità e discrepanze assai interessanti in sé e per sé, che danno il senso delle sue discontinuità, delle sue anomalie, delle sue restrizioni e silenzi assai più di quanto facciano quelle analisi critiche che si focalizzano esclusivamente sulla cultura europea".
A differenza di alcuni dei suoi più rozzi seguaci, Edward Said non è mai semplicistico nelle sue conclusioni. La sua decostruzione delle novelle di Jane Austen, Mansfield Park in particolare, fa emergere come nessuna di quelle opere sia innocente. Come, al di là della loro forma letteraria, i romanzi vengano scritti in un preciso contesto socio-economico e politico. In questo caso sullo sfondo abbiamo la schiavitù nelle piantagioni delle Indie occidentali, grazie alla quale alcuni personaggi del romanzo possono condurre la loro vita agiata, ma della quale l'autore non prende mai nota se non per alcuni riferimenti fugaci alle piantagioni.
Questo però - insiste Said - non fa della J. Austen un "tirapiedi dell'imperialismo" e Mansfield Park non è in alcun modo responsabile della degradazione e della miseria che furono l'inevitabile corollario del colonialismo britannico. La Austen, nei suoi romanzi, riflette la realtà dell'Impero ma dopo averla in un certo senso sterilizzata. E diciamo questo senza nulla togliere alla sua brillante scrittura come anche a quella di Joseph Conrad o di Rudyard Kipling. Si tratta però di ribadire che i romanzi vanno collocati in un determinato contesto. Said non sostiene affatto che tali opere non vadano lette, dal momento che lui, chiaramente, le ama ma piuttosto che dobbiamo farlo con intelligenza e in modo critico. Ed è questa l'idea alla base di Cultura e imperialismo, che dà al libro la sua grande forza. Si tratta di un esempio concreto di quel che dovrebbe essere la critica.
Ma cosa dice Said sull'intellettuale pubblico?
Le due parole "intellettuale" e "pubblico" ci sono familiari, ma è importante soffermarci ancora sul loro significato. Mi riferisco ai dissidenti e agli eretici, a uomini e donne in tutti i paesi del mondo, che sfidano l'establishment, politico, accademico o letterario. Che di essi ce ne sia un gran bisogno è più che evidente. Lo scrittore britannico Bernard Shaw si chiedeva negli anni trenta del secolo scorso: "Il mondo sarebbe mai nato se il suo creatore avesse avuto paura di suscitare dei problemi? Creare la vita significa creare problemi. C'è un solo modo per evitare il conflitto: uccidere ogni cosa. I codardi, lo avrete notato, chiedono sempre in modo isterico che vengano uccisi coloro che suscitano problemi".
Si potrebbe obiettare che c'è sempre stata una tradizione di dissenso e che vi sono sempre stati degli intellettuali pubblici. Ciò è vero e possiamo risalire all'indietro seguendo questa discendenza dall'Antica Grecia e dai Romani attraverso l'acquedotto dell'Islam medioevale sino al Rinascimento e più tardi alla Riforma e all'Illuminismo. La Rivoluzione francese ebbe a tale proposito un impatto che scosse l'intera Europa e arrivò a ispirare anche una rivolta degli schiavi ad Haiti. Tuttavia nei primi venti anni del ventesimo secolo si è avuto un salto di qualità. L'Europa occidentale è passata attraverso una vera eruzione che ha portato alla nascita di uno strato sociale di intellettuali impegnati e dal carattere collettivamente vulcanico. Intellettuali indipendenti sia dalla Chiesa sia dallo Stato, che facevano riferimento a partiti politici che rappresentavano la classe operaia o, nelle colonie, a movimenti di liberazione nazionale impegnati a rovesciare il giogo imperialista. In genere si trattava di uomini e donne, alcuni con alle spalle studi universitari, altri autodidatti, che avevano deciso di scendere in campo con le loro intelligenze dalla parte degli oppressi e dei soggiogati. Il più importante successo di questi intellettuali fu senza dubbio la vittoria della Rivoluzione bolscevica a Pietrogrado nel 1917, un evento che ha plasmato il nostro secolo e polarizzato l'intellighentzia in tutto il mondo. Per Edward Said il 1917 è importante anche per un'altra ragione. È infatti l'anno della dichiarazione di Balfour, quando i britannici decisero di fare della Palestina "una patria per gli ebrei".
Ed è proprio l'esistenza di quest'altro Said - il critico radicale della politica estera e interna americana, l'intellettuale palestinese con una presenza pubblica vibrante e di alto profilo nel cuore dell'Impero, che non intende cedere alle sue lusinghe - a spiegare le grandi ostilità da lui suscitate. Ostilità che non sono confinate alla sola lobby filo-israeliana. Said è infatti emerso come un profondo oppositore degli accordi di Oslo. Egli pensa che Arafat abbia ceduto su tutto e che di questo passo il risultato finale sarà quello di una Palestina mutilata e tarmata. I clientes di Arafat gli hanno ordinato di tenere la bocca chiusa. Uno di loro, una volta grande amico di Said, ha dichiarato in pubblico: "E che diresti se io pretendessi di fare il critico letterario?". Nonostante tutto Said si è comunque conquistato una larga audience in Palestina. Le sue lezioni a Gerusalemme sono sempre affollate di studenti sia arabi sia ebrei. Said è sceso in campo a favore di un unico Stato israelo-palestinese nel quale la democrazia e i diritti umani vengano riconosciuti sia agli ebrei che ai non ebrei. Un messaggio che non è piaciuto a nessuna delle élite al potere nella regione.
L'evoluzione della intellighentzia in tutto il mondo coloniale venne influenzata dagli eventi di Pietrogrado e di Mosca del 1917. La Rivoluzione russa del resto fu guidata dai partiti Menscevico e Bolscevico, entrambi con delle leadership controllate da intellettuali. Da quei giorni in poi sarebbe stato impossibile per qualsiasi serio intellettuale, di qualunque tendenza, ignorare la politica.
Laddove la rivoluzione francese aveva dato fuoco alle polveri della ribellione ad Haiti, la Rivoluzione russa ebbe un impatto incredibile sulla formazione di una nuova intellighentzia in Cina, India, Europa, Sud-Africa, Brasile, Argentina, Messico, nel mondo arabo e, assai più di quanto si pensi, negli Stati Uniti d'America. La tradizione della Rivoluzione russa è stata un potente centro di attrazione per gli intellettuali di tutto il mondo. Una situazione che venne modificata solo in parte dalla morte di Lenin, l'espulsione di Trotzski e l'eliminazione di una gran parte degli intellettuali bolscevichi che avevano fatto la Rivoluzione.
1. È vero che vi fu una grande attività politica nel Bronx e fenomeni come la Partisan Review, che riflettevano preoccupazioni di carattere trotskista, ma il trionfo di Hitler in Germania respinse l'intellighentzia verso Stalin. Gli epici successi dell'Unione Sovietica a Kursk e Stalingrado nel corso della seconda guerra mondiale cementarono poi ulteriormente i rapporti tra l'intellighentzia radicale del Terzo mondo e Mosca.
Fu solo con la decolonizzazione e la guerra fredda che si aprì una nuova fase nella quale opporsi a Washington non significava necessariamente sostenere ad occhi chiusi Mosca. Quella piccola minoranza crebbe rapidamente durante l'esplosione del '68 che ebbe un carattere globale, influenzando non solo l'Europa ma anche il Mondo arabo, l'Asia del sud, il grosso dell'America Latina e gran parte dell'Africa. I combattenti della guerriglia angolana sentivano alla radio delle vittorie dei vietnamiti e prendevano coraggio. La speranza e un forte senso di ottimismo suscitati dalla Rivoluzione russa sono stati presenti sino agli anni Settanta e ad essi va ricondotta una vera e propria fioritura di teorie e idee con una grande diffusione di giornali critici e di opere radicali. Persino le riviste e i giornali ufficiali, grazie a quella radicalizzazione, furono spinti, anche se per breve tempo, ad aprire le loro pagine a voci normalmente ignorate.
L'internazionalismo di quel periodo creò una intellighentzia che fu anche, con poche eccezioni, profondamente internazionalista. La nostra unica patria fu la rivoluzione. Ovunque capitassimo ci mettevamo subito in contatto con coloro che in quel posto lottavano contro i loro oppressori. In questo senso l'idea tradizionale dell'esilio ricevette nuove sfumature a causa della nuova realtà politica. La difesa intransigente dei diritti palestinesi fatta da Edward Said, da Morningside Heights a New York, era scritta con la stessa forza come se fosse stata scritta in un caffè di Beirut. Con una differenza: se l'avesse scritta da Beirut sarebbe stato assai più improbabile che venisse pubblicata sul New York Times. Sono stati infatti la cattedra alla Columbia University e il successo di Orientalismo a far sì che Edward Said venisse accettato negli Stati Uniti come voce dei palestinesi costretti a pagare per i crimini del fascismo europeo, le complicità e compiacenze dei politici liberal-democratici.
Ci troviamo oggi in una fase di transizione ma non dobbiamo viverla in modo passivo. Dobbiamo reagire rispondendo con la lotta ad ogni oltraggio. E di questo Edward Said è un grande esempio con la sua scrittura inimitabile, la sua voce, la sua rabbia. Lo spirito di un intellettuale dissidente deve essere tale da poter resistere alle denigrazioni, alle persecuzioni e ad una relativa povertà. L'intellettuale dissidente deve essere pronto a vivere in una sorte di solitudine, non a livello umano o emotivo, ma nella sfera intellettuale. Capire tutto ciò non risolve certo il problema ma indubbiamente aiuta.
La nostra epoca, questi tempi nei quali viviamo, devono essere salvati dalla prigione del ventesimo secolo finito con la schiena spezzata. Eppure le gemme continuano ad aprirsi. Nuovi fiori sbocceranno. L'intera storia dell'umanità ci mostra che gli espropriati e i diseredati hanno sempre trovato il modo di resistere agli oppressori. Spesso, in passato, gli intellettuali si sono sorpresi della genialità della gente comune e l'hanno seguita con occhi ammirati. Nuove forma di oppressione danno vita a nuove forme di resistenza. Anche se sembra che i nostri nemici abbiano confiscato gran parte del mondo. Anche se i dannati della terra sono sempre trattati come animali e costretti a vivere di briciole, o a non vivere affatto. Tutto ciò significa che non dobbiamo mai tacere o attutire la sofferenza. Dobbiamo continuare a scrivere, parlare, lottare per il futuro, sicuri che un nuovo mondo verrà. Questo è il messaggio di ottimismo che Said lancia al mondo. Ci troviamo di fronte ad un libro che va letto e letto più volte e ogni volta il lettore vi scoprirà nuovi tesori.
(traduzione di Stefano Chiarini)

http://www.larivistadelmanifesto.it/archivio/4/4A20000314.html

domenica 21 febbraio 2010

Edward Said, Volume 1

Edward Said, Volume 1
Di Patrick Williams

By a wide measure of assent, Edward Said was one of the most important scholars examining society, politics and culture. A Palestinian-American, his life had been shaped by the cross-currents of race, globalization and nationalist violence. Said emerged as a leading figure in the dialogue between occidentalism and orientalism, making seminal contributions to our understanding of colonialism, postcolonialism and the responsibilities of criticism. He was one of the figures cited most frequently in the Social Science Citation Index, and one of the few, genuinely global, public intellectuals.

This exhaustive and unparalleled collection draws together the essential writings on Said's thought in a collection which any serious student of contemporary social thought will find indispensable. Planned and produced with a view to provide an accessible and reliable survey of all aspects of Said's voluminous writings, the collection is divided into four sections.

Section 1: Intellectuals and Critics: Positions and Polemics

Included here are reflections on some of the master-themes in Said's thought: the question of the displacement of the intellectual critic; the metaphysics of critical `homelessness', the challenges of exile; Said's relation to post-colonialism; and the important debates between Said, Aijaz Ahmad and Walzer. The challenging and controversial nature of many of Said's ideas are fully explored and the originality of his position on intellectual criticism and post-colonialism is properly acknowledged.

Section 2: Versions of Orientalism

Said's study of orientalism was arguably a break-through work, rapidly establishing him as a central cultural critic of modern times. Said's study was instrumental in opening up postcolonialism as an area of analysis. In this section the relevance of orientalism to the study of culture is examined, and the antinomies of orientalism are surveyed. Said was fully aware that he was writing about a contested subject when he published Orientalism. Here, the axes of contestation are brought together, and their power is compared and contrasted. The section includes discussions of the relevance of orientlaism to the study of Japan; Barthes and orientalism; China and orientalism; orientalism and the Third World; feminism, imperialism and orientalism; orientalism, the West and Islam and orientalism and technology.

Section 3: Cultural Forms, Disciplinary Boundaries

Said's interest in the politics of power and domination is richly explored in his thought on disciplinary boundaries. His work can be partly understood as an attack on certain forms of institutionalized epistemology, but always, with a conviction that the necessity of truth is the sine quo non of academic debate. This section provides readers with insights into the breadth and quality of Said's writings. It includes reflections on Said's Culture and Imperialism; nationalism, colonialism and post-colonialism; music, literature and emotion; Said and the study of history; Said, anthropology and ethnography; language and war; representations of domination through aesthetic forms; and multiculturalism, geography and postcolonial theory. What comes through most powerfully is the sheer expanse and inspired relevance of Said's thought to understanding the present and the relationship between history and the present.

Section 4: Theory and Politics

The questions that Said devoted himself to studying have very wide implications into the organization of self and society. Indeed, Said was an exemplary political writer, in as much as he never stints on his attempt to demonstrate the relevance of theory for practice. This section fully explores these aspects of Said's work. It includes discussions of colonialism and discrimination; the cult of theory; the politics of nonidentity; the power of the word; the relationship between Jameson and Said; Said and cultural relativism; Fanon and Said; Chomsku and Said; the relevance of Said's thought to understanding minority culture; Palestine and the betrayal of history; and the psychology of nationalism.

# Hardcover: 1656 pages
# Publisher: Sage Publications Ltd; Four-Volume Set edition (11 Dec 2000)
# Language English
# ISBN-10: 0761970541
# ISBN-13: 978-0761970545
# Product Dimensions: 25.4 x 15.8 x 11.4 cm
# Average Customer Review: No customer reviews yet. Be the first.
# Amazon.co.uk Sales Rank: 4,034,164 in Books (See Bestsellers in Books)

http://books.google.it/books?id=g3UaQgAACAAJ&dq=edward+said&lr=&cd=31

http://www.amazon.co.uk/Edward-Masters-Modern-Social-Thought/dp/0761970541/ref=sr_1_1?ie=UTF8&s=books&qid=1266743987&sr=1-1